Ischia nelle vedute liriche di Gabriele Smargiassi

La vendemmia nell'ottocento ischitano offre spunti di ridente lirismo al pittore abruzzese Gabriele Smargiassi, che dedicò all'isola più di una sua opera

Nella foto: “L'Isola d'Ischia con figure che vendemmiano” - 1845 - olio su tela - cm. 217 x 129 - Palazzo Reale - Napoli

Gabriele Smargiassi (Vasto, 1798 - Napoli, 1882).

Nato a Vasto, in Abruzzo, nel 1817 entrò nell'Accademia di Belle Arti di Napoli, alla scuola di figure di Giuseppe Cammarano.

Dopo il 1820 frequentò la scuola privata di paesaggio di Pitloo insieme con Giacinto Gigante, Raffaele Carelli e Achille Vianelli. Dal 1824 al 1828, grazie all'amicizia del duca di Berwick, fu a Roma al pensionato di Belle Arti, da dove inviò a Napoli, per la Biennale borbonica del 1826, "Veduta della fontana di Genzano" e "Veduta dell'entrata di Ponte Mollo" (Roma, Palazzo di Montecitorio).

Nel 1828 seguì la duchessa di Saint Leu prima in Svizzera e poi in Francia, dove divenne Maestro di disegno dei figli di Luigi Filippo. Già da questo periodo allacciò rapporti con personaggi che lo avviarono alla carriera di "pittore di corte". Dal 1827 al 1837 espose senza interruzione ai Salon parigini, presentando vedute napoletane, romane e francesi (1833, "Veduta della Reggia di Caserta", Chantilly, Museo Condè; 1834, "Veduta del Tempio di Venere a Baja"), continuando a inviare dipinti a Napoli alle mostre borboniche (1835, "Veduta di Palermo dal convento di Bajda"; 1837, "Veduta di Sorrento"). Nel 1831, probabilmente a Londra, dipinse una "Veduta di Vasto" (Vasto, Museo Civico).

Alla morte del Pitloo tornò a Napoli dove vinse la cattedra di Paesaggio, prevalendo su Salvatore Fergola per i maggiori titoli presentati. Fino al 1845 continuò a esporre vedute e paesaggi di composizione che furono elogiati dalla critica per il tono idillico e la colorazione ridente.

Esempi di questa prima produzione, in parte di impronta pitloiana per le scelte coloristiche e in parte hackertiana per la composizione delle vedute, sono le opere "Paesaggio di Sorrento con pastore ed armenti" (1839; Napoli, Palazzo Reale), "Quercia secca nel bosco di Caserta", "Napoli da Mergellina" (1843; Napoli, Museo di San Martino), "Paesaggio sul fiume" (1845), “Paesaggio con vendemmia all'isola d'Ischia” (1845; Napoli, Palazzo Reale), nelle quali è evidente l'interesse per la ricerca naturalistica, alimentata da escursioni en plein air per trarre "studi dal vero", utilizzati anche nell'insegnamento.

Dal 1845 si volse alla produzione del paesaggio storico-romantico, vedute di invenzione di impronta scenografica e di contenuto letterario o religioso, come “Angelica e Sacripante” (1845) e “La morte di Abele” (1848). Tra il 1851 e il 1855 realizzò un ciclo di tele a soggetto religioso destinato all'appartamento storico di Palazzo Reale, “Paesaggio con san Sebastiano e le pie donne”, “Paesaggio con San Francesco in preghiera”, “San Francesco che caccia il demonio”, "San Girolamo appare a tre guerrieri del Medio Evo" (Napoli, Palazzo Reale).

Tali opere, al pari di “Pinabello e Bradamante” (1855) e "La partenza del coscritto" (1866; entrambe al Museo di Capodimonte), dimostrano come lo schema accademico adottato dallo Smargiassi privilegiasse la composizione del primo piano, relegando al secondo piano grandiose scenografie prospettiche e fondali cristallini di paesaggi all'orizzonte. Insieme con Domenico Morelli e Filippo Palazzi, fu uno dei firmatari dello Statuto della Promotrice di Belle Arti di Napoli.

Tra il 1863 e il 1875 pubblicò Rendiconti ed Atti della Reale Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, riflessioni sulla pittura di Poussin e sul paesaggio storico napoletano.

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