“Che bell’Isca che stace sempe carreca de vino”. Antichi canti della vendemmia ischitana
Sull’isola di Ischia a volte lavoro e festa vanno insieme, la vendemmia infatti che non è certamente priva di impegno fisico è vissuta anche come momento di aggregazione sociale e di spensieratezza. Raccogliendo l’uva tutti insieme, sotto il sole dolce di ottobre, si è lieti. L’uva è dorata, l’aria è buona e alla fine la fatica verrà premiata con un pranzo che si protrarrà fino a sera. Durante la vendemmia vengono fuori antichi canti contadini della tradizione orale, che viene custodita soprattutto dagli anziani. Sono canti semplici che parlano della vita nei campi ma anche d'amore. Spesso sono dei “contrasti” che impegnano due voci, maschile e femminile. L'uomo e la donna canticchiando questi stornelli sotto il sole ripetono l’eterna schermaglia erotica che li vede da sempre protagonisti di poesie, canzoni e danze.
Le campagne dell'isola di Ischia sono quasi tutte coltivate a vite, è raro trovare un pezzo di terra dove non ci sia almeno qualche filare di buona uva rossa e bianca. Le vigne si trovano spesso su terrazzamenti, in alcune zone, in genere quelle ventose e ben esposte i filari sono bassi, per cui basta chinarsi per cogliere i pampini. In altre zone – meno numerose – invece si assiste ad una coltivazione di viti alte. Questa modlità viene preferita nelle campagne che si trovano in zone più basse rispetto al resto del territorio, e che non hanno una grande estensione di terra.
Ecco che la verticalità di questi filari aiuta il contadino di Ischia a sfruttare meglio il filare; è anche vero che in questo tipo di coltivazione tutto si fa più difficile perchè è necessaria una scala di legno per tutte le operazioni, vendemmia compresa. Alla vendemmia partecipano tutti anche i bambini, a cui sono affidati compiti più leggeri. Gli uomini usano, per il taglio dei grappoli, delle marrazzelle mentre le donne in genere sono munite di coltellini o forbici da giardinaggio. Una volta mentre si vendemmiava si cantava anche:
Voce maschile: Uh! quant'è bedda l'aria de lu mare...
Voce femminile: Lu core miu me lice de partire...
Voce maschile: Nce sta la figghia de lu marenare...
Voce femminile: Tanta ch'è bedda, che me fa murire!
Nu juorno me ce voglio arresecare, 'Ncopp'a la casa soia voglia sagghie,
Tanto m'a voglio stregnere e basare, 'Nfine che diciarrà: Amore, lasceme ire!
Traduzione: Oh, quanto è bella l'aria di mare
Il mio cuore mi dice di partire
Ci sta la figlia del marinaio e' così bella che mi fa morire.
Un giorno voglio provarci voglio salire a casa sua e tanto me la voglio stringere e baciare che alla fine mi dirà: “ amore, lasciami stare”
Ci sono canzoni che sono anche un po' osè:
A la vigna vaie, a la vigna vengo,
Tu cuoglie l'uva nera e i' la janca;
Tu vaie a fa' lu lietto e i' pur 'nce vengo,
Tu spanne le lenzola e i' la manta,
Tu te la vaie a cuccare, i' pure nce vengo,
Tu te cucche mmiezo e i' a lu scianco.
Traduzione Alla vigna vai, alla vigna vengo
tu cogli l'uva nera ed io la bianca
tu vai a fare il letto e pure io ci vengo
tu stendi le lenzuola ed io la coperta
tu ti vai a coricare, ci vengo anche io
tu ti corichi in mezzo ed io al tuo fianco
Tra i canti più antichi – e forse più poetici – c'è questo che appartiene alla zona di Serrara Fontana, uno dei comuni dell'isola di Ischia che conservano più di ogni altro una vocazione contadina del territorio. Lo stornello è in un dialetto molto diverso dal resto dell'isola. Queste canzoni anticamente venivano cantate anche in tutti gli altri lavori agresti, si cantavano in due gruppi, spesso molto distanti l'uno dall'altro; cominciava prima un gruppo, l'altro ascoltava attentamente, la mano all'orecchio, e rispondeva a tono.
tu stai addóke e je ‘a kká te vayke
Frukedd’e argyent e kkurtyedde d’ore.
Vola palomma, se vuo' vulá.
Damme la mane, ka la feile è leste.
Yanguledde, proieme ssa mane, stu míe cuore a bbúie vo bene.
Traduzione Tu stai qua ed io da qua ti vedo,
forchetta d'argento e coltello d'oro.
Vola colomba, se vuoi volare.
Dammi la mano che la fede è lesta.
Mia bianca porgimi la mano, questo mio cuore vi vuol bene.
La fama di Ischia quale “isola del vino” è antichissima. Per non andare a frugare in testi troppo a ritroso nel tempo citiamo alcuni versi dal poema aroico di Andrea Perruccio che nel 1687 scriveva ne suo “Agnano zeffonato”:
Chella bell’Isca, ch'è famosa ancora, che stace sempe carreca... de vino...
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