Le donne e gli amori del Castello di Ischia: Lucrezia d’Alagni

Il Castello di Ischia non è stato solo teatro di battaglie, luogo di prigionia e di rigori monacali. La sua storia è infatti intessuta anche di pagine più leggere, e in certi casi di pagine rosa: donne, amori o “amorazzi” e vita cortese.

Il colossale busto femminile, noto come Madama Lucrezia prende forse il suo nome da Lucrezia d’Alagni e si trova su un basamento all’angolo tra il Palazzetto Venezia e la Basilica di San Marco.

Tra tutte forse la più emblematica è la storia d’amore tra Lucrezia D’Alagni e il re Alfonso il Magnanimo, un tipico triangolo: lui, potentissimo signore cinquantenne; lei una giovanissima fanciulla in fiore; l’altra: una moglie anzianotta difficile da sdoganare. Insomma un clichè buono per tutti i tempi. Ad Alfonso piacevano le donne, anche parecchio, e certo non gli mancavano le occasioni per tradire la legittima consorte Maria di Castiglia! Però Lucrezia riuscirà a conquistare il sovrano aragonese in maniera totale, non solo diventando la sua favorita, ma addirittura spingendo il re a tentare tutte le vie per ottenere il divorzio!

Cosa aveva Lucrezia più delle altre per aver fatto perdere la testa al re?

Lo storico D’Ascia bolla come “amorazzi”, la liaison del coronato con la ragazzina e ne dà una sua versione scrivendo: “sciolto dai pensieri di guerra, appassionato al fasto, ed alla dissolutezza, si diede ad una vita poco convenevole alla sua creduta saggezza Inviliva, in un età men che fiorente, negli amorazzi di Lucrezia d’Alagni”. Insomma il re secondo D’Ascia si era un po’ rammollito, aveva mandato in pensione il condottiero che un tempo era stato, e si era tuffato anima e corpo – corpo soprattutto – in una vita di piaceri.

L’incontro galeotto Napoli, 1448, 23 giugno.

Sicuramente una giornata calda, quella della vigilia della festa di san Giovanni Battista; il re passeggia per la città, si trova di fronte la bella Lucrezia che - secondo l’usanza del tempo - sta raccogliendo offerte per la festa attraverso uno strano scambio: pianticelle d’orzo o di grano offerte a uomini, come amuleto - o pegno- d’amore.

Lucrezia è giovane, ma già padrona delle sue armi seduttive.

È lei che fa la prima mossa: si para davanti al re e sorridendo gli offre la pianta. Si potrebbe pensare che l’avesse fatto individuando in quel bersaglio umano una buona fontana di denaro per la festa del Santo. Ma non è così. Alfonso, che non a caso è chiamato il Magnanimo, in cambio della pianta le offre una intera borsa d’oro, però Lucrezia mira a qualcos’altro: vuole il re. Quindi rifiuta la borsa dicendo qualcosa tipo “maestà prendo solo un “Alfonso”, un gioco di parole malizioso oltremodo.

È scacco al re, Alfonso è cotto.

Da quel momento la bella dama sarà sempre al fianco del re e il re, che non a caso, lo ripetiamo, è Magnanimo le donerà in feudo il Castello Aragonese e la città di Ischia, possedimenti strategici che significavano il governo pressoché totale di quell’isola dove la coppia trascorreva le vacanze cacciando e divertendosi parecchio.

Ma era davvero così ammaliante, la fanciulla? Lucrezia era sicuramente piena di fascino.

Sempre D’Ascia ne tratteggia un profilo da femme fatal del ’400, donna serpente, diva ammaliante, lo storico ottocentesco immagina la cortigiana in varie perfomance; e, lasciando intendere che la leggerezza morale di questa cocotte di lusso verrà punita, invita il lettore ad ammirarla mentre: “ snella e leggiera come una Psiche, scendere da pavesato battello alle sponde d’Ischia, salutata da un popolo adulatore: Viva la nostra illustrissima castellana! or tutta cascante di vezzi e di beltà, come una Diana-cacciatrice, cavalcar brioso destriero, ed alle prime ore del giorno, circondata da valletti e da donzelli al fianco del suo Sire, uscire dalle opere avanzate della cittadella, e dirizzarsi con esso, o alla pianura di Liguori o a quelle di Panza, ad assistere e prender parte alle cacce nei boschi per Alfonso riserbati: or mollemente sdraiata, qual voluttuosa Venere in splendido navicello, circondata dalle grazie e dagli amori, andare a diporto per gl’incantevoli sinuosi lidi, e per le romantiche spiagge che l’isola circondano: miriamola ancora, assisa sempre al fianco del suo amante, sotto un baldacchino di damasco con frange d’oro, su cui splendono gli stemmi ricamati in oro ed argento di casa d’Aragona, altera e superba come una Giunone, assistere alle feste, alle giostre, ed ai conviti, e dei conviti delle giostre e delle feste esser la Regina.

Il re vuole il divorzio, ma è pur sempre il ’400...

Come spesso succede in questa storie la ragazza scalpita, vuole completare il suo progetto di scalata sociale. Non le basta che il re le prometta la fede a moglie morta. Così pressato da Lucrezia, Alfonso cerca di liquidare Maria di Castiglia, ma si sa sciogliere un matrimonio nel XV secolo non era cosa da poco, neanche per un re.

Papa Callisto III negò l’annullamento del matrimonio al re e non una sola volta.

Persino Lucrezia tentò la carta di convincere il papa; si recò personalmente a Roma, ma Callisto non aveva alcuna intenzione di “finire all’inferno insieme con l’amante del re” e la bellezza di Lucrezia nulla poté verso la massima carica della chiesa. Il finale non è a lieto fine, almeno per gli amanti: Alfonso morì prima della moglie, e Lucrezia perse il governatorato di Ischia e addirittura pensò di chiudersi in convento. Non lo fece e dopo varie peripezie nel 1469 si trasferì a Roma dove morì nel 1479.

Cosa rimane di questa donna? 

Tanti versi furono scritti per cantare la bellezza di Lucrezia, però non ci rimane nessuna immagine, anche se per alcuni la figura di donna sul bassorilievo raffigurante il Trionfo del re Alfonso di Alfonso al Maschio Angioino sarebbe proprio lei, la diletta del sovrano. Poi a Roma c’è un busto di donna nella zona dove abitò la favorita del re, nel passato la gente chiamava quella statua “Donna Lucrezia” e quando un uomo passava davanti si levava il cappello: la sua bellezza aveva lasciato il segno.

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