Sant’Angelo: da antico villaggio di pescatori a borgo ultrachic

Uno dei borghi più caratteristici dell’isola di Ischia è Sant’Angelo, che fa parte del comune di Serrara Fontana. Si tratta di ex villaggio di pescatori che a partire dagli anni ’50 è diventato uno dei centri più chic della Campania, anche grazie alla presenza di personaggi celebri che l’hanno scelto per trascorrervi vacanze di assoluto relax. L’antico abitato di Sant’Angelo, di cui oggi rimangono molte case, è antichissimo

Riguardo a Sant’Angelo il celebre D’Ascia scriveva così:

«Dalla parte meridionale dell’isola fra le colline e la spiaggia sorge un casale detto si Sant’Angelo, perchè avvi su di una collina una chiesetta di questo titolo. Un cono di lava di terra lapillosa, ossia pozzolanica di color ossido di ferro giallo, è congiunto coll’isola da una lingua di arena quarzosa che forma un istmo di circa 100 piedi larga e 300 lungo.

Due case comode e decenti appartamenti a padroni di legni da traffico, sono le sole che si osservano ai piedi di questa penisola, e si spazia sulle collinette, in pittoresca forma. Alla pesca e al traffico sono addetti i santangiolesi. Le colline di Cugnolungo, di Rofano, della Madonnella, e di Guetri spalleggiano il casale».

In parte ancora oggi, sfuggito all’amplesso dell’isola d’Ischia, c’è Sant’Angelo.

La realizzazione della strada carrozzabile da Succhivo a Cava Grado nel 1948 contribuì, in parte, a far uscire Sant’Angelo dal suo isolamento. In questo villaggio fra tutto spicca un isolotto accessibile a mezzo di una lingua di sabbia. Esso è un dosso sinattico di origine vulcanica, alto m.105, formatosi mediante fontane saldatesi tutt’intorno; ma, cessata l’eruzione, anche di questo vulcanetto, sprofondava una metà del cratere, quella che guardava il lato di Capri.

Nella parte superiore dell’isolotto un tempo sorgeva una chiesetta dove si instaurò il culto dell’Arcangelo S.Michele, l’Angelo protettore che, sembra, diede il nome al villaggio. Il culto di San Michele penetrò anche sull’isola d’Ischia ad opera dei monaci Benedettini, e tra i vari monasteri, già prima del mille possedevano uno anche a Sant’Angelo. Il piccolo cenobio, come sembra, sorgeva sull’altura dell’isolotto di Sant’Angelo, in quell’epoca si presentava molto più vasto dell’attuale configurazione fisica con i suoi numerosi terrazzi stesi a semicerchio che venivano intensamente coltivati: quelli esposti a Sud erano favorevoli alla semina del grano, orzo, legumi ed alla caccia di passaggio, quelli del versante nord-est erano ancora ricchi di vigne, oliveti, frutteti, ficheti.

I monaci, lavorandovi, assicuravano la bisogna alla piccola comunità. Abitando per molti secoli su quella altura la arricchirono di altro bel titolo, quasi ad indicare la solitudine e la pace che vi regna. Di fronte all’isolotto un tempo c’era una remota spiaggia, seminata di sparute case di pescatori, attaccate come ostriche a quella breve sponda senza porticciuolo nè scogliera, un villaggio preistorico, con banconi catramati e reti all’asciugo, dove uomini e donne erano indistintamente dediti alla pesca.

In tempi lontani, quando il mare non batteva ancora contro la sottostante scarpata del “Chiano Rosa” (oggi via Chiaia di Rose), i pescatori avevano scavato alcune grotte, ove rifugiarsi durante le tempeste. Durante il periodo Aragonese sulla cima di quell’isolotto fu costruita una torre d’avvistamento per segnalare agli abitanti dei casali, annidati sui poggi del versante sud dell’isola, l’avvicinarsi delle navi pirate e a garantire la loro sicurezza. La Torre, impostata sulla robusta ed estrema piattaforma della roccia, era di forma più rettangolare che quadrata. Essa entrava nel sistema difensivo tra la vedetta posta sulla cima dell’Epomeo e la Torre di avvistamento di Panza situata al lato Est, fuori dal casale. Data la sua eccezionale posizione strategica nel 1741 i borboni fecero eseguire opportuni restauri, senza però mutare la fisionomia del fortilizio.

Una delle ultime azioni militari svolte dalla Torre di Sant’Angelo avvenne durante il decennio dell’occupazione francese del regno di Napoli (1806-1815). Dopo che Gioacchino Murat fu nominato re di Napoli, un presidio di truppe inglesi occupava tenacemente l’isola di Capri e la flotta anglo-sicula, incrociando di continuo sulle acque del golfo di Napoli, tormentava le isole. Verso la fine dell’anno 1808, le navi inglesi si schierarono in ordine di battaglia dalla parte meridionale dell’isola d’Ischia, rispetto a Sant’Angelo e la marina dei Maronti. Cominciò l’attacco, nutrito da ambo le parti, il bombardamento durò 5 ore: proiettili cadevano lungo tutto il litorale, sulla spiaggia, sulle colline. La torre di Sant’Angelo, trasformata in fortino, presa di mira dalle cannoniere nemiche, rispondeva con i suoi colpi, e poi si incendiò per aver preso fuoco la polveriera che i militari vi avevano sistemata. Forse durante questo assedio o nell’improvvisa azione navale, operata nell’anno successivo, dalla medesima flotta anglo-borbonica ai danni di Ischia e Procida, che senza reagire si erano date al nemico, anche l’antica chiesetta di Sant’Angelo assieme alla Torre, subivano danni. Sta di fatto che l’isolotto, cannoneggiato da ogni lato, da allora perse ogni funzionalità difensiva e religiosa, fino a quando non venne abbandonato.

Il paese ormai si sviluppava verso la marina opposta. Intorno al 1850,veniva edificata l’attuale chiesa parrocchiale, al di sopra del villaggio dei pescatori, laddove sorgeva un’antica chiesetta chiamata “Santa Maria a Terra’. La nuova e attuale chiesa assunse il titolo di Maria Assunta in cielo, raffigurata in una tela che si ammira nell’abside. Contemporaneamente, dalla derelitta e abbandonata chiesetta, sita sull’isolotto, fu trasportato nel nuovo tempio la statua lignea di San Michele Arcangelo, ove continuò a fiorire il suo culto. Il primo maggio 1905 la nuova chiesa venne elevata a parrocchia sotto il titolo di San Michele Arcangelo. Il merito di aver dato a Sant’Angelo una parrocchia autonoma, spetta al canonico Giuseppe Iacono che ha donato una zonetta del vigneto appunto per questo scopo.

Sul lato destro del villaggio, oltrepassata la chiesa parrocchiale, si arriva a Cava Petrelle, dove si trovano le stufe, con temperatura superiore ai 100 gradi centigradi. é una lunga spiaggia d’arena minerale, di cui i caldi vapori si levano turbinando, quasi fischiando, a grande quantità dai crepacci apertisi sulla scarpata tufacea e dalla sottostante spiaggia dove si prende il bagno turco o sauna, coprendosi o nascondendosi sotto la calda sabbia.

Con il ritiro delle spiagge, a distanza di tanti secoli, pure l’isolotto di Sant’Angelo si è rimpicciolito; le inesorabili abrasioni marine, le frane, lo hanno assottigliato di molto; un ripidissimo sentiero che si affaccia su vuoti di luce, di cielo, di precipizi tra sterpaglie e parracine ruinate, porta su la cima con gran respiro, ove gli ultimi ruderi del fortilizio sgranato, rotolano di continuo nel mare. Un mare blu dove ci sono ancora tracce di corallo.

Questo corpo marino che non appartiene al regno animale, nè al minerale, ma a quello delle piante "marine" si trova ancora oggi alla profondità di circa "160 passi d’acqua" intorno all’isolotto. Il suo colore è rosso più o meno carico ed ha radice fusto e rami. Il corallo si pescava un tempo con emulazione, ma se ne perse la premura, atteso la profondità degli scogli che ne erano adornati. Ora da quella cima disabitata, estranea dal tumulto del mondo si hanno visioni di panorami stupendi. Invece sul lato opposto è sorto un modernissimo centro di fama internazionale.

 

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