Frjenno e magnann’: il gran fritto nella cucina ischitana
Quando comincia l’estate entra di prepotenza sulla tavola ischitana la leggendaria frittura. Finiscono nell’olio bollente, in profondi padelloni a fuoco vivo non soltanto pesci minuscoli o più grandicelli, ma anche gamberi, calamaretti tagliati a tarallino, alici, triglie rosse, eppoi gustosissime palle di riso ripiene di ogni ben di Dio, crocchette oblunghe con un cuore di mozzarella filante, e deliziose pizzette di pasta cresciuta piene di ricotta soave o di sciorilli, di alghe, di prosciutto o anche piene di nient’altro che di se stesse, perchè ciò già basta per incontrare il paradiso.
La frittura nella cucina ischitana è una delle punte di diamante della tavola gustosissima dell’isola di Aenaria.
Quando gli ischitani abbiano conosciuto l’arte equilibrista di cuocere nell’olio a fuoco vivo pesci, pasta, carni e verdure non si sa, ma di sicuro deve essere stata una sapienza importata, con altri mille sortilegi culinari, dalla vicina Partenope o addirittura da Puteoli, l’antica Pozzuoli dove spesso e volentieri gli antichi romani, gran pappatori di fragranti fritture, si recavano per i bagni termali.
E forse fu proprio quando i romani scoprendo che Ischia in quanto a fonti termali non era certo da meno alla costa flegrea e si imbarcarono con teli e schiavi per i bagni di Aenaria, portarono con sé e consegnarono ai posteri le frictilia – dolce simile alle attuali chiacchiere di Carnevale - e varie altre ricette in olio di oliva.
Ma su questa storia non ci metteremo mano sul fuoco!
Invece sul fuoco ci mettiamo una pesante padella di acciaio, una bella quantità di olio – meglio un mix tra olio di oliva e semi – facciamo raggiungere il punto giusto di calore, attenti a non esondare nel terribile punto di fumo, e via spazio alla fantasia per cuocere friggendo.
Cosa cuoce la cuoca ischitana nella tianella?
Tante bontà, evidenziamo la più celebre. Direttamente dalla lunga storia di mare dell’isola di Ischia, la frittura diparanza, che prende il nome dalla tipica barca da pesca che utilizzano i pescatori isolani. La frittura di paranza è dedicata a quegli spiriti sempre in cerca di sorprese, perchè dentro ci finisce un po’ di tutto: triglie, piccole sogliole, alici, mazzoni, retunni o vope.
Il pesce viene passato nella farina e fritto nell’olio bollente. Sembra facile, ma non lo è. Ci vogliono anni di allenamento per portare in tavola una frittura di paranza fatta come si deve, né troppo asciutta, né troppo grassa, rispettando i tempi di cottura delle diverse taglie di pesce.
Sistemata sulla carta assorbente sarà portata immediatamente in tavola con uno spicchio di limone per amico e tanto sale.
Chi viene ad Ischia in vacanza può fare un’esperienza mistica, farsi portare a bordo di un barchino nei pochi, ma ottimi ristoranti raggiungibili solo dal mare e farsi servire una frittura di paranza sotto pergole ombrose, chiudendo il pasto con l’immancabile vino con le pesche.
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