Nella piazza di Campagnano incontriamo la chiesa dell'Annunziata, la cui facciata, adorna di uno splendido rivestimento maiolicato, domina la passeggiata del piccolo borgo. Nasce nel 1602 come chiesetta rurale ad opera dei contadini del villaggio, che si accollano le spese di manutenzione; viene in seguito dedicata a San Sebastiano ed a lungo si è praticata la venerazione dell'Annunciazione di Maria
saggio tratto da “Le chiese di Ischia” di Achille della Ragione
Nella piazza di Campagnano incontriamo la chiesa dell’Annunziata, la cui facciata, adorna di uno splendido rivestimento maiolicato, domina la passeggiata del piccolo borgo. Nasce nel 1602 come chiesetta rurale ad opera dei contadini del villaggio, che si accollano le spese di manutenzione; viene in seguito dedicata a San Sebastiano ed a lungo si è praticata la venerazione dell’Annunciazione di Maria
A fronte del luogo di culto si creava un’atmosfera da “Sabato del villaggio”, magistralmente descritta dal D’Ascia nel suo libro sull’isola d’Ischia, vera e propria miniera di notizie e di aneddoti. Gli cediamo la parola: «Quivi i vecchi contadini, le graziose forosette e le brune villanelle nell’ora del tramonto dei dì festivi, vanno a raccogliersi e salutare la Nostra Signora con armoniose cantilene. Quivi la pace dello spirito ed il disprezzo degli umani fasti, si mescolano in quelle poste di rosario che va cantato in coro fra quei rustici abitanti del villaggio. Quivi nelle sere dei sabati di primavera, le giovinette del villaggio accorrono ad offrire alla Madonna i loro mazzolini di viole selvagge e gelsomini campestri, mescolati alle ciocche di bionde fiorite ginestre; purissimi fiori non profanati dall’alito del cortigiano e dal sospiro dell’adulatrice, raccolti su i poggi incantati, sulle amene colline e su i margini dei prati di quelle campagne».
Per moltissimo tempo non abbiamo documenti sulla chiesa e non sappiamo quando sia avvenuto il cambio di titolo e se lo stesso sia derivato dalla costruzione di un nuovo edificio. Siamo a conoscenza soltanto che nel 1707 vi fu fondato un Pio Monte di fratelli e sorelle, dedicato alla Madonna delle Grazie ed annesso all’ omonimo altare che si trova nella crociera. Un ampio restauro è stato eseguito nel 1792.
La facciata è divisa in due registri, uno superiore dominato da un rivestimento maiolicato ed uno inferiore con il portale d’accesso; nella parte superiore due lesene ioniche sostengono il frontone triangolare con il timpano, mentre ai lati sono posti due campanili, uno dei quali completato da una piccola cupoletta a pera.
La decorazione parietale, opera di un ignoto maiolicaro campano, è datata 1896 ed è costituita da un rivestimento di mattonelle di maiolica con croce di malta al centro e fiore stellato negli angoli. Le due scene rappresentano la Visione di San Giovanni Giuseppe che riceve il Bambino dalla Madonna e l’Annunciazione alla Vergine.
L’interno è a croce latina con un ampio transetto, che prende luce da caratteristiche finestre trilobate, mentre un arco inquadra le cappelle laterali. La cupola, priva del tamburo, ma con un luminoso lanternino si innesta all’altezza del transetto. All’interno della chiesa, nel transetto, a destra e sinistra, vi è una coppia di altari, datati 1634, costituiti da paliotto, pilastrini laterali, predella a doppio gradino e ciborio decorati a commesso con motivi geometrici.
Sull’altare del transetto sinistro è collocata una tela firmata e datata, Bartolomeo Viano 1786, raffigurante l’Estasi di Santa Teresa. La scena inquadra la Santa che, accasciata, regge un cuore con la mano destra, mentre un putto impugna una freccia. La cromia della tela imita il pastello e presenta uno stile simile a quello di Giacinto Diano, del quale il Viano, assolutamente sconosciuto alla critica, potrebbe essere stato allievo.
Sull’altare del transetto destro vi è una Madonna delle Grazie con San Pietro e San Vito, di un ignoto artista di ambito provinciale, autore anche della tela posta sull’altare maggiore. Nella zona absidale, nei pressi dell’altare, vi sono una serie di dieci candelieri di artigianato campano del secolo XIX ed una Croce, con Crocifisso in legno intagliato e dipinto d’argento ed una grossa base sulla quale è raffigurata un’Annunciazione.
L’altare maggiore, eseguito nell’ultimo quarto del secolo XVIII, presenta due reggimensa impreziositi da un paliotto ad urna decorato a commesso ed un elegante ciborio a baldacchino con porticina d’argento punzonato. Entrati in sacrestia una lapide ricorda la figura del canonico Mazzella, al quale si deve la completa ricostruzione della chiesa, durata dieci anni, a partire dal 1771.
Nella cassaforte una preziosa corona, in argento fuso e dorato, decorata a traforo da rose, motivo fogliaceo e volute, opera di un argentiere siglato "FDL", operante alla fine del secolo XIX. Ed infine, proveniente dalla chiesa di San Vito a Campagnano, già parrocchia e demolita nel dopoguerra, una Madonna delle Grazie, Santi ed anime purganti, opera di un modesto artista locale, che bizzarramente ci ha lasciato il suo autoritratto nelle fattezze di uno degli spiriti purganti.
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