“La lunga strada di sabbia” che portò Pasolini ad Ischia
“Sono felice. Era tanto che non potevo dirlo: e cos’è che mi dà questo intimo, previsto senso di gioia, di leggerezza? Niente. O quasi. Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta....”
A scrivere queste parole è Pier Paolo Pasolini da una stanza d’albergo, sull’isola di Ischia.
È l’estate 1959. Per la rivista "Successo", Pasolini percorre la costa italiana al volante di una Fiat Millecento per realizzare “La lunga strada di sabbia”, un reportage sull’Italia tra cambiamento e tradizione, vacanza borghese e residui di un dopoguerra difficile. Un testo di grande bellezza che continua a colpire per la sua profondità e poesia. La lunga strada di sabbia, venne pubblicata sul periodico Successo nei numeri del 4 luglio, del 14 agosto, del 5 settembre del 1959. Il testo poi compare nel 1998 nel volume Pier Paolo Pasolini – Romanzi e Racconti (editore Mondadori).
Recentemente il fotografo Philippe Séclier ha rifatto il percorso di Pasolini documentando le tappe con scatti fotografici e raccogliendo materiale documentario. Il libro riprende il titolo originale ed è stato pubblicato da Edizioni Contrasto, Roma 2005. Volume originale: La longue route de sable, Editions Xavier Barral – Il resoconto originale del viaggio in Italia di Pasolini (1959). Philippe Séclier ricompiendo il percorso viene anche sull’isola di Ischia, dove trova nell’albergo ischitano dove aveva soggiornato Pasolini manoscritti autografi del grande scrittore:
«A Ischia – scrive Séclier – vado all’albergo (…) dove Pasolini ha soggiornato. L’hotel è in abbandono. Al primo piano, quasi completamente distrutto, vedo una chiave ancora inserita nella serratura di una porta aperta su una stanzetta tutta sfasciata, con i mobili polverosi, dove una valigia e un mucchio di manoscritti sparsi sul pavimento sembrano aspettare me. Quanto alle due pagine manoscritte, portano l’intestazione dell’Albergo ( di Ischia ) dove avevo scovato quei fogli abbandonati...»
Ma facciamo parlare direttamente Pasolini che scrive le sue impressioni ischitane da un albergo di Casamicciola:
«Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta. Piove. Il rumore della pioggia si mescola con delle voci lontane, fitte, incalcolabili. La terrazzetta, davanti, è lucida di pioggia, e soffia un’aria fresca. Il senso di pace, di avventura che mi dà l’essere in questo albergo nell’interno di Ischia, è una di quelle cose che ormai la vita dà così raramente. È un posto dove mi pare di essere sempre stato. Mi sembra il Friuli, la Carnia, l’Emilia. Solo ogni tanto qualche voce vicina mi ricorda che sono nel Sud. Mi aspetta qualcosa di stupendo: quello che si aspetta quando si è ragazzi, il primo giorno di villeggiatura, e si ha davanti un’estate eterna (…)».
Il percorso pasoliniano ad Ischia si svolge lungo tutto il suo circuito ed ha come punto di partenza Casamicciola.
Lo richiama subito Porto d’Ischia, dove si scontra già con una realtà diversa nel pur limitato contesto territoriale dell’isola e amaramente annota: «La pace di Casamicciola è un sogno. Ma questa è una città! Qui vie, vicoli, lungomari sono scintillanti, la gente è un fiume».
A Lacco Ameno s’informa sulla presenza di personaggi noti («C’è qualche personaggio, qui?») e chiede di Luchino Visconti, che poi lo conduce in giro per l’isola, dicendo con compiacimento: «Sono stato uno dei primi a scoprirla. Vengo qui da quattordici anni!», al che Pasolini non manca di aggiungere:
«Ischia è un posto dolcissimo, dove si vive senza nessuna fatica». […] Riprendo la corsa – scrive ancora Pasolini da Ischia “ Forio: ragazzaglia al sole, un bianco che acceca. L’interno, con l’Epomeo opaco, informe. A Panza stanno preparando luminarie, archi di lampadine, tra le bicocche d’un paese senza villeggianti, beduino. Su ogni muretto c’è qualcuno che dorme, con facce da zingaro. Poi ecco, isolato, fuori dal mondo, Sant’Angelo. La strada finisce, diventa un sentiero polveroso: su uno spiazzo tutto polvere accecante, un posteggio con le macchine roventi. Sotto lo strapiombo, una lingua di terra, di sabbia, con un mucchio di casette: in fondo a questa lingua un massiccio, un piccolo mostro, inaccessibile, di scogli e rocce, con una torre in cima».
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