Piangendo e… cantando:
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Per girare il film “Villa Amalia” il regista Benoit Jacquot ha voluto trovare i luoghi descritti dal romanzo; la casa in cui abita la protagonista è descritta così: «Si apriva la finestra. Dapprima si vedeva la baia, l’isola di Procida. Poi il cielo senza fine che toccava l’acqua».
Nel romanzo “Villa Amalia” è situata a sud-est dell’isola di Ischia, Anna se ne innamora a prima vista, la casa sembra quasi invitarla a raggiungerla, «come un essere indefinibile, euforizzante, dal quale, non si sa come, lei si sentiva riconosciuta, rassicurata, compresa, ascoltata, apprezzata, amata”. “Al riparo nella roccia, la villa dominava completamente il mare. Dalla terrazza la vista era infinita. In primo piano, sulla sinistra, Capri, la punta di Sorrento. Poi acqua a perdita d’occhio».
Anna si affeziona «a quel sito che le dava l’impressione di vivere nel cuore del mare. Curava quel frammento di natura. Ansiosa, si occupava della vita che germogliava, vi affluiva e vi si moltiplicava».
Dopo vari sopralluoghi sull’isola Jacquot ha individuato “Villa Amalia” a Campagnano, su un promontorio di una zona chiamata “Pignatiello”. Non senza difficoltà per la troupe dal momento che in questa bella casa rurale si giunge soltanto a piedi.
La protagonista del film si lancia alla scoperta dell’isola, vagabondando “nella calma e la frescura, nelle ombre così lunghe di fine notte o inizio giorno… amava smarrirsi, riusciva a smarrirsi, nella ricerca di un angolo ove accovacciarsi e spiare lo spuntar del giorno».
«C’è una luce diffusa nelle acque del mare – si legge ancora nel romanzo – che sembra salire dal fondo dell’abisso. Non affiora mai, ma gioca sotto i corpi, sotto le alghe, nelle ombre degli scogli d’Ischia. Forse il chiarore d’origine vulcanica. Una luce che non sembra affatto provenire dal sole sfiora i corpi che nuotano qui. [...] La luce della baia di Napoli è forse la più bella che si possa immaginare in questo mondo. Tutto odorava d’acqua e somigliava all’acqua, le minuscole onde lontane, la marea della luce, la terra del giardino di nuovo fresca, smossa da lei in onde piccole, brune e nere, a colpi di zappa, dopo ogni rovescio d’acqua».
I brani del romanzo di Quignard sono tratti da un articolo di Giovanni Castagna, in La Rassegna d’Ischia del giugno 2006.</
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