Non importa che sia riccia, che sia frolla. Pur che sia una sfogliatella

Una tavola semplice, a volte frugale, come quella dell’isola di Ischia sa anche aprirsi in banchetti luculliani che non si apprestano soltanto nelle occasioni importanti e nelle feste comandate. Perchè se per tutta la settimana ci si è mantenuti in virtuoso equilibrio calorico è bene che la domenica si rompano gli argini della gola e ci si getti a capofitto in pranzi dalle numerose portate che si concludono con una trottola di dolci, le classiche “pastarelle” dove brilla regina la sfogliatella o meglio le sfogliatelle, perchè “so’ doje sore: ‘a riccia e a frolla”.

La sfogliatella è un dolce antichissimo che venne inventato, come tante prelibatezze della cucina mediterranea, in un convento.

«Tra Amalfi e Positano, mmiez’e sciure nce steva nu convent’e clausura.
Madre Clotilde, suora cuciniera pregava d’a matina fin’a sera;
ma quanno propio lle veneva‘a voglia priparava doie strat’e pasta sfoglia.
Uno ‘o metteva ncoppa,e l’ato a sotta, e po’ lle mbuttunava c’a ricotta, cu ll’ove, c’a vaniglia e ch’e scurzett»e.

Era il 1700. La storia narra che nel convento “Santa Rosa” ad Amalfi in Conca dei Marini, Madre Clotilde armata di tutta la “santa pazienza” necessaria ad una grande cuoca si rimboccò le maniche e dopo aver lavorato una soffice pastasfoglia la cominciò stendere in striscie tanto sottili quanto lunghe - parecchi metri – e con questi fragili nastri di pasta, la suora pasticciera abbia dato vita ad uno dei dolci più celebrati nella cultura napoletana: la sfogliatella.

Dolce di difficilissima fattura ripieno di semola, ricotta, uova, zucchero, canditi a pezzetti, presto dalla costiera, la sfogliatella - che in origine si chiamava Santarosa - giunse a Napoli dove venne adottato dal pasticciere Pintauro, che apportando qualche variante alla ricetta diede vita ad una dolce storia di alta pasticcieria che si diffuse in tutto il regno di Napoli, conquistando con il suo cuore tenero avvolto in pasta croccante più di una testa coronata. Infatti quando re Ferdinando assaggiò la sfogliatella disse di aver trovato la chiave d’accesso alle corti di tutta Europa: chi infatti avrebbero resistito a quella avvolgente tentazione? Il popolo dei golosi si divide in due partiti: c’è chi la preferisce riccia e chi frolla.

«So’ doje sore: ‘a riccia e a frolla.
Miez’a strada, fann’a folla.
Chella riccia è chiù sciarmante: veste d’oro, ed è croccante, caura, doce e profumata.
L’ata, ‘a frolla, è na pupata.
E’ chiù tonna, e chiù modesta, ma si’ a guarde, è già na festa!
Quann’e ncontre ncopp’o corso t’e vulesse magnà a muorze.
E sti ssore accussì belle sai chi so’? So’ ‘e sfugliatelle!
»

La riccia è sicuramente più capricciosa, un po’ malafemmina, con quel suo rivestimento croccante, quella conchiglia civettuola di pasta sfoglia e l’anima calda ed appassionata del ripieno. Mentre la frolla ha per così dire meno grilli per la testa, è più sincera, la pasta è gentile, appena, appena sbiciolosa, e quando i denti affondano nel ripieno sono due le tenerezze che si incontrano.

La frolla si mangia in un due bocconi, la riccia ha bisogno di maggior impegno. Un dilemma tra riccia e frolla che i più furbi risolvono con una gastronomica par condicio, si pappano entrambe. Venendo ad Ischia in vacanza non perdete l’incontro con le sfogliatelle. Le pasticcerie ed i bar di Ischia sono tutti quotidianamente dotati di un bell’esercito di frolle e ricce per rispondere all’enorme richiesta di questo dolce. Anche perchè non tutti riescono ad aspettare la domenica per incontrare una sfogliatella bollente al punto giusto!

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