Area archeologica e museo di Santa Restituta a Lacco Ameno
Dalla cripta paleocristiana con numerose tombe, rinvenuta agli inizi degli anni Cinquanta nel corso dei lavori di restauro della cappella di Santa Restituta, a una piccola basilica, ricavata a sua volta in una cisterna di epoca romana e, ancora, risalendo nel tempo, ai sepolcri greco-romani e alle sepolture fenicio-puniche.
Nei pressi del cimitero cristiano è stato anche individuato un impianto per la produzione di ceramica che le popolazioni dell’isola, ricca di cave di argilla, esportavano in tutto il Mediterraneo. Il primo edificio cristiano sorse nel IV-V secolo d.C. legato al nome di Santa Restituta, vittima delle persecuzioni dei Cristiani in Oriente e fuggiasca da Cartagine. Dopo le distruzioni dovute alle incursioni dei Saraceni tra il IX e il X secolo, nel 1036 il conte Marino costruì sul sito una nuova chiesa, che affidò ai monaci Benedettini e che fu ampliata nel XIV secolo.
Nel 1590 Sisto V vi fece annettere un convento di Carmelitani, ai quali si deve anche la costruzione della Torre dell’Orologio: vi rimasero fino alla soppressione degli ordini religiosi voluta da Murat due secoli dopo. L’attuale chiesa fu ricostruita dopo il terremoto del 1883. Il percorso museale si articola in due sezioni: museo, scavi e antiquarium.
Il museo
Nelle tre sale del Museo è esposto il patrimonio artistico devozionale del Santuario. La prima sala conserva – in quattro vetrine – anfore votive che annualmente i comuni dell’isola, a rotazione, offrono per la festa di Santa Restituta.
La seconda sala ospita paramenti sacri, ex voto, coppe offertoriali in ceramica e oggetti liturgici di metallo del XIX-XX secolo, vasi e brocche in ceramica di Capodimonte del XVIII e XIX secolo, due grandi anfore cinesi del XIX secolo, lucerne a piede rialzato e pipe di fabbriche napoletane del XIX secolo, piatti comuni disegnati a fiorami, firmate da ceramisti napoletani.
Conserva, inoltre, coppette, brocche, piatti, coppe e ciotole invetriate del XIII secolo, ceramiche magrebine, ceramiche geometriche-ioniche, materiali di età romana e ceramiche campane, ceramiche altomedievali, grandi palme floreali confezionate con corallini, palmette a fiorami di coralli su base lignea dorata, statuine in legno, bambinelli del XVIII secolo e un bronzetto raffigurante Santa Restituta.
Le restanti vetrine mostrano anfore di varie dimensioni, tegami del VI secolo e ceramiche che risalgono al X secolo. Di rilievo la statua di Santa Restituta dormiente, risalente al XVIII secolo, tradizionalmente portata in processione durante la rappresentazione sacra nella baia di San Montano e un gruppo ligneo raffigurante la Sacra Famiglia. La terza sala espone ex voto dipinti, statue lignee del Settecento napoletano, un presepe di artigianato napoletano di fine XIX secolo, messali con borchie d’argento e rosari in madreperla.
Scavi e antiquarium
Le stratificazioni archeologiche sono quelle emerse via via dal 1951, quando ebbero inizio i primi scavi, per espresso desiderio del rettore della chiesa, don Pietro Monti. Ultimamente è venuta alla luce un battistero con al centro la vasca circolare, recintata e rivestita di marmo, munita di tre gradini per accedervi e ricevere il battesimo per immersione.
L’antiquarium si trova nella cripta del santuario: attualmente raccoglie numerosi reperti archeologici di varie epoche ritrovati non solo a Lacco Ameno e, in particolare, in questo sito, ma in tutta l’isola: reperti greci, romani e bizantini. Tra questi, urne cinerarie, cippi funerari e onorifici, arredi funerari, monete e frammenti architettonici. Da notare le monete campane ritrovate a Monte Vico, coniate in epoca compresa tra il 450 e 340 a.C., nonché le anfore e i numerosissimi cocci di ceramica greca di stile geometrico e subgeometrico con i colori predominanti rosso e nero dell’VIII-VII secolo a.C.
La vasta raccolta di opere fittili (vasi, giare, oggetti di uso quotidiano) testimonia la storia di Pithecusae, ne sottolinea lo sviluppo e il progresso anche artistico. In un angolo è ricostruito l’ambiente di una casa tipica pitecusana: i pesi del telaio, quelli che venivano legati alla estremità di ciascun gruppo di fili di ordito, sono originali. In un’urna sono collocati piccoli giocattoli di argilla (cavalli, asinelli, barchette, bambole e uccelli).
Il culto di Apollo è testimoniato da una patera (piatto) votiva recante a sbalzo l’immagine del dio disteso dolcemente; quello di Eros è testimoniato da una statuina del IV secolo a.C. , che lo raffigura in giovane età, ben fatto, nudo, munito di arco e frecce e con vigorose ali. Altre statuette votive e vasi dipinti con fiori e frutta attestano il culto solare e mediterraneo per madre natura. Nelle teche in vetro sono conservate le brocche per il vino e le ampolline di profumo deposte nelle tombe pagane
Singolare appare la ricca collezione di amuleti (circa 60) a forma di scarabei importati dal culto egiziano. Lo scarabeo sacro stava a significare la vita ultraterrena. Tra le cose più pregevoli è da ammirare il cratere (anfora per il vino) che rappresenta la scena di una nave rovesciata dalla tempesta. I marinai si dimenano per risalire in superficie, ma qualcuno è inseguito da mostri marini e qualche altro è già parzialmente inghiottito da pesci giganteschi. Delle decorazioni ai templi restano un piedistallo con figura femminile e un residuo di metopa con giovane guerriero a cavallo.
Tra i numerosi cippi romani, segnaliamo quello in onore di Seia Spes, una giovinetta che nel 154 d.C. vinse la gara podistica nella trentanovesima Italide svolta a Napoli, una manifestazione di competizione ginnica.
Sembrano muti e immobili, che siano ancora del colore ocra della terra dalla quale sono stati estratti e dove per tanti anni sono stati custoditi, oppure colorati da segni lasciati da una mano sconosciuta tanto, tanto te..