Ritrasse Maria Antonietta in varie fasi della sua vita, ma anche la favorita del re, la marchesa Du Berry. Quando scoppiò la rivoluzione fuggi da Parigi e cominciò a girare l’Europa. Grazie alla sua fama internazionale dipinse alle maggiori corti europee: Roma, Vienna, Londra, San Pietroburgo. Per tutto il periodo del terrore si rifiutò di leggere i giornali per non prendere atto del lungo elenco di amici ghigliottinati.
In viaggio in Italia Elizabeth fece tappa a Napoli, dove rimase molto colpita dal Vesuvio e una volta sull’isola di Ischia compì un’escursione all’Epomeo. Il reportage che ci fornisce la pittrice della sua salita al monte Epomeo – come quella ancora più intensa del Vesuvio - odora di romanticismo letterario.Mentre la sua pittura è improntata ad una calma serenità per lo più di stampo neoclassico, nei " Ricordi " di Elizabeth viene fuori uno spirito fortemente drammatico.
Il rapporto con la natura ed i suoi elementi, viene percepito attraverso un forte filtro emozionale che porta a leggere il paesaggio montano e gli agenti atmosferici con intensa drammaticità. Il percorso viene vissuto con un forte senso di pericolo – in realtà inesistente anche all’epoca in cui l’artista scriveva – e l’attenzione viene calamitata dalle profondità dei balzi montani, dal contrasto di colori, dall’impronta terribile e sublime della natura sul paesaggio, come le pietre annerite dal fuoco.
È lo spirito dello sturm und drag che preme dietro queste pagine e non bisogna sorprendersi che questa passeggiata a dorso di mulo, compiuta da tanti viaggiatori con animo ben più sereno, si tinga qui di tinte forti. Sentendosi eroina in un avventura naturalistica complicata la pittrice passa da stati d’animo più diversi: contemplazione, terrore, felicità, ed infine la calma che si materializza anche nel cambiamento meteorologico: le nubi minacciose vanno via, la nebbia alla Friedrich si dissolve, torna il sereno sull’Epomeo e nel cuore di Elizabeth.
« [...] La mattina, alle sei, partimmo per il monte San Nicola: venti persone, tutte cavalcando asini e muli. I sentieri erano burroni profondi con grandi pietre annerite dal fuoco; a questa terra desolata facevano strano contrasto alture ben coltivate e fertili. Percorremmo una strada a picco ed arrivammo in un luogo di delizie, con un pergolato di viti, e in una bellissima foresta di castagni. Vi scorsi una piccola abitazione che ci dissero essere di un eremita, in quel momento assente. Mi sedetti e attraverso uno spiraglio tra gli alberi ammirai il mare e le isole che la nebbia del mattino contornava di un tono bluastro.
Mi dovettero strappare alla piacevole contemplazione; c’era ancora da salire. Lungo il tragitto, il mio asino si ostinava a camminare sempre sul bordo dei burroni. Non volendo guardare in basso, guardavo in alto e la montagna mi appariva del tutto coperta di nere nubi. Il cuore mi batte ancora quando ci penso.
Impiegammo un’ora e mezzo a salire, ad un certo momento non si vedeva a poca distanza, tanto che mi smarrii e perdetti la compagnia. Si può capire la paura provata. Sentii poi il suono di una campanella, lanciai un grido di gioia, pensando che fosse quella dell’eremita presso il quale dovevamo pranzare.
Ritrovai tutti i miei compagni riuniti nell’eremo, posto sulla cima delle rocce di monte San Nicola. La nebbia era così fitta però che era impossibile vedere alcunché; quando le nuvole si dividono e la nebbia si dirada, mi ritrovo sotto un cielo puro. Domino i nuvoloni che mi avevano tanto spaventato, li vedo scendere nel mare contrassegnato da tanti colori. Non si distinguevano le barche che dalle loro vele bianche che brillavano al sole. La vista cadeva sui villaggi d’Ischia.
Le case somigliavano a piccoli punti bianchi. Stavamo ammirando questo magnifico spettacolo, quando fummo avvertiti che il pranzo era pronto. Dopo la siesta all’aria aperta, risaliti sui nostri asini, percorremmo l’altro fianco dell’isola. Vedemmo numerosi orti, luoghi molto pittoreschi, e per questa strada facemmo ritorno alla nostra abitazione».
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