E’ appollaiata come un bianco uccello marino su un costone affacciato sul mare aperto, perché marinai e naviganti potessero vederla già da lontano e sentirsi rassicurati dalla quella sacra sentinella. E’ la chiesa di Santa Maria del Soccorso, sicuramente una delle più belle dell’intera isola. Uno stile particolarissimo e indefinibile, dove risalta forte l’aggancio con la terra, una chiesa “tettonica”, maestosa all’esterno, dalle mura alte e mute, senza finestre, eppure – che meraviglia - minuta all’interno, piena di ex voto e barchette di legno. Una dualità misteriosa che sembra quasi rispecchiare la vita stessa degli uomini di mare di un tempo. Un’esistenza spesa tra gli immensi spazi di acqua e minuscole casette sulla spiaggia
articolo tratto da www.clio.unina.it/forio
La chiesa faceva parte di un antico convento agostiniano fondato nel XIV secolo. Notizie storiche sul convento degli Eremitani di S. Agostino si ricavano dalla relazione presentata dal priore, datata 2 aprile 1650, conservata nell’Archivio generale degli Agostiniani Eremitani a Roma. La relazione fu compilata in seguito alla bolla "inter caetera" del 1649, con la quale papa Innocenzo X, convinto di dover abolire i piccoli conventi, ordinò a tutti i frati di redigere un elenco completo dei beni mobili e immobili dei conventi, con le relative entrate e uscite. Vi si legge che il convento fu eretto circa 300 anni prima, pertanto è possibile farne risalire la fondazione intorno al 1350. All’epoca gli Agostiniani possedevano già il convento di S. Maria della Scala, attuale cattedrale di Ischia.
Presenti ad Ischia fin dall’inizio del XIV sec., essi esercitarono un vero e proprio dominio sull’intero territorio isolano, grazie alle numerose e generose donazioni dei signori dell’isola. I frati introdussero la devozione verso S. Agostino e S. Nicola da Tolentino ed edificarono numerosi piccoli conventi sui terreni ricevuti: fino alla metà del ?600 erano stati fondati quello accanto alla chiesa di S. Sebastiano a Barano, quello di Forio e quello della Chiesa di S. Gennaro a Panza.
Il convento del Soccorso fu edificato lontano dall’abitato, in un momento in cui il villaggio di Forio, dal primitivo insediamento sul colle intorno alla chiesa di S. Vito, si stava sviluppando e allargando verso il mare. La relazione del 1650 costituisce la prima documentazione relativa al convento ed alla chiesa. Da essa si ricava che i frati possedevano dei terreni intorno al convento, non utilizzabili perché esposti al vento e alle tempeste; questi terreni nel corso dei secoli hanno subito un processo di erosione, per cui la chiesa è rimasta a picco sul mare.
Nella relazione si trova anche una descrizione della chiesa e del convento: "è di struttura bella, la mag(ior) parte nuova, et il rimanente vecchia contenendo due cortili bellissimi, sei celle, oltre le stanze p(er) il vino, p(er) legna, p(er) cocina, e qualunque altro bisogno con un camerone bellissimo ad uso di sala grande, et un giardino murato perfettamente" (cfr. Di Lustro, 1974).
Nel 1649 la gestione del convento era in difficoltà a causa di debiti contratti per spese straordinarie al tempo della guerra del Popolo (presumibilmente la rivolta di Masaniello del 1647) e della carestia. Gli Eremitani lasciarono il convento nel 1651 e la chiesa fu affidata al vescovo diocesano. Il convento fu quindi soppresso nel 1653 in seguito alla bolla "instauratae regularis disciplinae"di Innocenzo X che rese effettiva l’abolizione dei piccoli conventi; l’edificio passò sotto la giurisdizione dell’Università di Forio.
La chiesa del Soccorso ha subito nel corso dei secoli notevoli trasformazioni.
Il nucleo originario era molto semplice, comprendeva infatti solo la navata con l’abside. Nel 1791 fu realizzata la cappella del Crocifisso e nel 1854 fu costruita una svettante cupola, come documentano alcuni disegni realizzati nell’Ottocento (Vianelli, Duclere, Ledoux). La cupola, crollata in seguito al terremoto del 1883, fu ricostruita di proporzioni più modeste. Nel 1740 sulla terrazza della chiesa fu edificata una cappellina dedicata alla Madonna delle Grazie, ancora esistente alla fine del XIX sec., come si deduce da un’incisione di Louis Charles Ledoux(cfr. Di Lustro, 1983; Sardella, 1985, fig. p. 192).
Dal 1781 la chiesa divenne sede della Congregazione dei giovani di San Luigi, fondata nel 1754 da un sacerdote napoletano della Congregazione dei missionari del collegio Massimo dei padri della Compagnia di Gesù, con lo scopo di offrire una formazione spirituale e morale ai giovani tra i 13 e i 20 anni.Il promontorio sul quale sorge la chiesa è stato rinforzato e salvato dall’erosione del mare con piloni di pietra grigia che fanno risaltare la massa bianca dell’edificio creando un suggestivo contrasto cromatico. La chiesa è stata recentemente restaurata e ristrutturata; in alcuni punti, come i pilastri e la volta della cupola, sono state lasciate a vista le strutture originarie.
Almeno fino al 1985, anno di compilazione delle schede di catalogo della Soprintendenza di Napoli, in sacrestia erano conservate numerose opere, tra le quali una vasca in pietra grigia risalente al XV sec. decorata da due grifoni nella faccia anteriore (cfr. Monti, 1980, pp. 645-646, fig. n. 176 p. 646: Monti fa risalire la vasca all’IX-X sec.) e una tavola in pessimo stato di conservazione raffigurante L’andata al calvario, eseguita nel 1554 per conto di un certo Bernardino Migliaccio.
La tavola, catalogata come opera di un ignoto pittore napoletano legato ai modi del pittore di origine spagnola Francesco Roviale, è stata attribuita a Marco Pino da Leone de Castris, che la considera una delle prime opere realizzate dall’artista toscano durante il suo lungo soggiorno napoletano. (cfr. A. Della Ragione, 2005).
La chiesa del Soccorso, singolare esempio di architettura locale, sorge in una posizione particolarmente suggestiva e scenografica, su un promontorio a picco sul mare che da essa prende il nome di punta del Soccorso. La chiesa è preceduta da un caratteristico sagrato delimitato da una doppia rampa di scalini di piperno distribuiti a semicerchio e decorato da mattonelle maiolicate policrome.
Il sagrato si allarga in una terrazza panoramica con tipici sedili di pietra che gira intorno alla chiesa; al centro della terrazza si erge una croce di pietra, il cui basamento è rivestito di piastrelle maiolicate. Al centro del sagrato, davanti al portale, sporge un pianerottolo a pianta semiellittica il cui parapetto è decorato con maioliche raffiguranti soggetti religiosi e motivi floreali.
L’originale facciata offre una mescolanza di elementi gotici, rinascimentali, barocchi.
In alto segue la curvatura della volta a botte della navata, al centro è sormontata da una croce con basamento di ispirazione barocca, ai due lati termina con cartigli solo abbozzati, anch’essi espressione di un rustico barocco orientaleggiante.
Sul lato sinistro si erge il piccolo campanile con cuspide piramidale in stile gotico. Il bianco della facciata è interrotto solo dal portale rinascimentale in pietra grigia risalente alla prima metà del XVII sec., al di sopra del quale si apre un oculo. Le facciate laterali offrono un asimmetrico insieme di contrafforti, cupolette, piccole finestre quadrate, rettangolari, circolari e ovali.
L’interno della chiesa è di estrema semplicità: la pianta è basilicale, vi è un’unica navata con tre cappelle laterali; la più ampia è la cappella del Crocifisso, sul lato sinistro, coperta da volta a crociera e chiusa da una balaustra in marmo e ringhiera di ferro.
L’aspetto più interessante è dato dal succedersi di diversi tipi di volte: al primo tratto a botte segue una volta a crociera e in fondo la cupola con pennacchi sferici, illuminata da quattro finestre a occhio di bue. Il pavimento dell’abside è rivestito di mattonelle di maiolica. Le uniche altre decorazioni sono lesene corinzie e cornici su cui poggiano modellini di velieri, ex voto di marinai. Anche nella sacrestia sono conservati alcuni dipinti raffiguranti naufragi fatti eseguire come ex voto da marinai o da sopravvissuti a tempeste in mare.
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