L'artista del Castello Aragonese: Gabriele Mattera
“Ciò che mi sta a cuore soprattutto è l’uomo particolarmente quel tipo d’uomo che è il pescatore di Ischia…” lo scriveva Gabriele Mattera all’epoca in cui, negli anni 60, per oltre quindici anni i pescatori sono i suoi modelli preferiti.E sono pescatori, bagnanti, uomini e luoghi quelli di Mattera che sicuramente non strizzano l’occhio al decorativo, come spesso accade nella pittura di chi circondato da tanta natura in fiore e suggestivi scenari, si fa prendere la mano dal grazioso, dalla bellezza, dal paesaggio ammiccante
Quando Gabriele Mattera esordisce sulla scena della pittura la sorpresa di molti fu proprio questa: Ischia nelle tele di Mattera non c’era, o meglio non c’era quella immagine oleografica che dell’isola era consuetudine.
Eppure nei quadri di Gabriele Mattera l’isola, la sua isola, c’è eccome, ma è l’altro volto, più nascosto, di una terra che l’artista osserva ad occhi ben aperti nella sua intima sostanza e lo fa in maniera approfondita, severa, senza lasciare che nulla sfugga alla sua analisi.
I cicli della sua pittura stanno lì a testimoniare questa immersione totale, di decenni, in una realtà sempre più interiorizzata, sofferta e visionaria.
Un viaggio dentro l’esistenza, che sia la propria o quella dell’altro, comunque “oscura allo scrutare”.
E il dato nostalgico, quel senso di non appartenenza, di lontananza che scatta di fronte alle immagini dipinte da Gabriele Mattera forse nasce proprio da questa intrinseca consapevolezza: l’inafferrabilità delle cose, delle sensazioni e del tempo. Anche la sua stessa isola sfugge dunque al pittore: fugge in atmosfere nebbiose e caliginose di bagni “senza sole”, di pescatori senza gioia, di tende agitate e immobili nello stesso tempo “illusione tragica dell’esistenza”.
«Ripensando alla pittura di Mattera dagli anni Cinquanta ad oggi – scrive il critico Vitaliano Corbi – ci si accorge che questa sua forza di persistenza, questo suo respiro lungo non è un uniforme scorrere nel tempo, ma ha un ritmo preciso, scandito dalla serie dei grandi cicli. Ogni ciclo si svolge con pause ed accelerazioni diverse, e con un movimento complessivo che sul punto di esaurirsi, al chiudersi appunto del ciclo, si rialza e riprende più largo ed arioso. Così dai Pescatori, dove gli uomini gravati dalla mole dei loro corpi stanno, come in una tana, nella penombra delle barche dalle alte sponde, alle ultime opere, Gli Uomini in Rosso, l’orizzonte della pittura di Mattera s’è via, via allargato e lo sguardo s’è spostato dalla terra verso la luce. E qui i corpi non hanno spessore nè peso e sono soltanto incerte tracce d’ombra».
«Se nei Pescatori – scrive Claudio Spadoni – Vitaliano Corbi aveva visto “gli ultimi esemplari, certo un po’ sfiancati e smarriti, di un’antica stirpe italica, discesa da Giotto fino al nostro Novecento” - ed era un’osservazione lucidissima - nelle “Bagnanti” protagonista della pittura di Mattera è diventata la durata insostenibile, ossessiva di una luce meridiana, […] è l’aria caliginosa d’una interminabile, torrida giornata d’estate, che avvolge tutto nel suo spessore umido, e assorbe la luce, la filtra e la rimanda con mille riverberi che abbagliano e sfocano la vista.
Ecco, dunque, che si fa strada un’annotazione di paesaggio, di ambiente, ma con l’opportuna precisazione che si tratta di “qualcosa di molto lontano dal genere pittorico del paesaggio”.
In realtà, la variazione tematica è indicativa di un processo di trasformazione anche linguistica che tocca le corde di una più sottile elaborazione mentale, diciamo pure di meditazione.
La spessa materia dei “Pescatori” si scioglie fino alla rarefazione, le immagini sono impaginate secondo schemi sempre più semplici e non aneddotici, direi proprio oltre le tipologie del naturalismo, di una mimesi della realtà.
Ecco poi la tenda, vuoto involucro, “placenta o sudario”, che evoca la dimora provvisoria, instabile dell’uomo, il suo viaggio e il suo riposo, il suo raccogliersi e il suo dibattersi fra gli oscuri meandri della psiche, e il suo aprirsi alla luce, al mondo esterno. La tenda come figura, infine, di quel "falso movimento" che dal luogo della nascita a quello della morte, costituisce l’illusione tragica dell’esistenza.
“Come un ’impronta di luce”,
“Come una fetta di luna in una notte d’inverno”,
“Come una medusa”,
“Come una sacca di carne”
Titoli che insistono sull’ambiguità dei riferimenti. Naturalistici, per così dire, e tuttavia gravidi di allusioni, di corrispondenze profonde. Le immagini dirette e inequivocabili dei passati cicli pittorici hanno lasciato il campo a qualcosa di più instabile, sfuggente, ad un simulacro di realtà densamente fisico, certo, ma ugualmente aleatorio come identità. Si potrebbe parlare di un naturalismo interiorizzato, se il termine non si prestasse ad un’interpretazione riduttiva e anzi fuorviante. Certo è che da un’immagine naturale, comunque la sia voglia intendere.
Mattera sembra non voler prescindere come dato di partenza oggettivo, come termine di rapporto emozionale, come condizione della coscienza su cui agiscono la visione e la memoria, l’assillo del presente e il tempo come durata della coscienza stessa. Fino a giungere ad accenti perfino visionari in certe immagini che s’accampano come inquietanti apparizioni».
Gabriele Mattera nasce ad Ischia nel Castello Aragonese il 18 Agosto 1929 e muore il 25 Luglio 2005.
La sua vita, come la sua attività, è intimamente legata al Castello, ove vive con la famiglia. Solo all’età di ventuno anni, nel 1950, inizia a dipingere con continuità e, dopo un breve periodo dedicato allo studio del paesaggio, si dà completamente alla figura; i pescatori sono i suoi modelli preferiti, li ritrae per oltre quindici anni in tutti i momenti della loro vita.
Fin dalle prime esperienze si interessa, per poi servirsene, delle tecniche più diverse, dal disegno all’incisione, dalla tempera all’acquarello, ma quella che predilige è la pittura ad olio. Dipinge paesaggi, nudi di donne, nature morte. Nascono i suoi cicli tematici con una serie dedicata ai fiori secchi di carciofi e girasoli. Partecipa a rassegne regionali e nazionali; organizza le prime mostre personali a Napoli incontrando subito il consenso della critica locale.
Negli anni ’70 i Pescatori lasciano il posto alle Bagnanti. Il nuovo ciclo, sviluppato su tele di grandi dimensioni, dura circa dieci anni; mostre personali vengono organizzate a Napoli, Vienna, Zurigo, Dortmund, Worpsvede, Amsterdam e, naturalmente, ad Ischia. Nel 1985 tiene le ultime mostre con dipinti sul tema delle Bagnanti nella Cappella S. Barbara del Maschio Angioino di Napoli e ad Ancona.
Nel 1989, con il nuovo ciclo delle Tende, iniziato nel 1986, tiene mostre personali al Museo di Villa Arbusto di Lacco Ameno, al Museo civico del Torrione di Forio e alla Galleria Ielasi di Ischia Ponte. In questo periodo partecipa a numerose mostre collettive.
Nel 1990 il Kunstmuseum di Berna gli dedica una personale con un congruo numero di grandi tele dell’ultimo periodo. Nel 1992 torna a Napoli con una mostra nel Palazzo Reale. L’anno successivo è presente con una nutrita rassegna di opere degli ultimi sette anni negli spazi dei Civici Musei di Reggio Emilia.
Nel 1994 una mostra di acquarelli sul tema L’uomo e la tenda lo porta a Roma allo Spazio Arte dell’Istituto Poligrafico di Arte Classica e Contemporanea e successivamente a Milano alla Galleria Appiani Arte 32.
Nel 1996 espone alcune opere del ciclo Uomini nella natura, iniziato nel 1993, presso la Galleria Del Monte Arte Contemporanea di Forio. Lo stesso anno lo vede ospite, con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Napoli, dell’ex Chiesa di S. Francesco delle Monache a Napoli. Nel 1999 viene invitato ad inaugurare la galleria di Eleonora Sachs, Elo Art, a Forio, con una antologica che comprende opere realizzate tra il 1989 e il 1999. In questa rassegna vengono presentati per la prima volta anche otto quadri di medio formato del nuovo ciclo Uomini in rosso.
Nell’Agosto del 2000 nove grandi tele di questo ciclo vengono esposte nell’ex Chiesa dell’Immacolata al Castello Aragonese d’Ischia.
Dal 20 Settembre al 26 Ottobre 2003 tiene una mostra antologica con oltre 50 opere nella Torre Guevara di Ischia. In contemporanea la Galleria Ielasi gli dedica una mostra di opere di grandi dimensioni del ciclo dei “Bagnanti”. Il 16 Ottobre dello stesso anno L’istituto di Cultura Francese a Napoli “Le Grenoble” gli dedica una mostra con oltre 20 grandi tele del ciclo “Uomini in Rosso”.
Nel Febbraio 2005 una piccola ma significativa selezione di opere viene esposta presso la galleria Studio 34 di Salerno. Il 17 Settembre 2005 la Fondazione Palazzo Pretorio in collaborazione con il Comune di Cittadella e con il patrocinio della Regione Veneto inaugura presso il Palazzo Pretorio di Cittadella una mostra dedicata alla sua opera pittorica con circa 40 opere rappresentative di vari periodi; il curatore della mostra di Cittadella, Prof. Giuliano Menato, presenta anche, a distanza di appena una settimana, il 24 Settembre, nelle sale espositive del Centro culturale “Gaetano Marzotto” Villa Valle a Valdagno una preziosa selezione di opere grafiche di Gabriele Mattera. Il successo di critica e di pubblico, nonchè la calorosa partecipazione delle pubbliche istituzioni, a pochi mesi dalla scomparsa dell’autore, testimoniano in maniera forte il valore di questo artista del Novecento.
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